“Ultras” il film del momento che generato tantissime critiche: ma quanto sono giuste?


Il film “Ultras”, nuova pellicola uscita su Netflix di Francesco Lettieri (al suo debutto in regia) il 20 marzo scorso, ha fatto parecchio discutere. Tanti hanno espresso la propria opinione, tanti lo hanno criticato. “Non rispecchia la vera mentalità degli ultrà”, “infanga Napoli e i napoletani”, “troppa violenza nel film”. Queste sono solo alcune delle critiche mosse al regista Lettieri. Bisogna fare delle precisazioni al riguardo. Il parere negativo dei gruppi organizzati di Napoli, del tifo caldo di Napoli, c’era da aspettarselo. Lo ha ammesso lo stesso regista con un post sui propri canali social. Rappresentare gli ultras non è mai facile, ci hanno provato in passato altri ma il risultato è sempre stato lo stesso: negativo. Rappresentare personaggi complessi come loro, in realtà, è impossibile. Tante sfumature, tante caratteristiche di figure che, a dire il vero, non amano nemmeno essere riprese e portate sul grande o piccolo schermo. Loro sono “unici”. Quindi, gli striscioni apparsi in città contro la pellicola, li posso anche capire.

Proprio per questi motivi, però, Lettieri va applaudito. Quantomeno per il coraggio. Era consapevole delle difficoltà del progetto. Ma ha comunque proseguito sulla sua strada e se in questi giorni tantissimi hanno espresso un pensiero sul film, vuol dire che in tantissimi lo hanno visto. E credetemi, sono stati veramente tanti a scrivere almeno una riga su “Ultras”. Oltre al coraggio Lettieri ci ha messo anche il cuore. Ci ha messo il suo talento e ha unito la sua bravura alla macchina da presa con le bellezze del territorio napoletano accompagnate dalla musica di Liberato (Lettieri è proprio il regista dei videoclip delle canzoni del cantante mascherato). Perché con tutta onestà, nel film viene sempre o quasi mostrata una Napoli con il suo vestito più bello: i vicoli riempiti in tutti gli angoli di turisti, la pizza fritta e le altre specialità napoletane raffigurate nella loro massima espressione, il mare e quei luoghi mozzafiato. Insomma, la violenza c’è ma non è assolutamente solo questo. Nel film c’è veramente tanto. La figura di Sandro, il protagonista, è ricca. Ricca di tutto. Di rabbia, di amore, di amicizia, di compassione e sentimenti verso una donna, Terry, ma soprattutto verso Angelo, una sorta di figlio acquisito. Ed è questo il rapporto più bello all’interno del film: Sandro e Angelo, il vecchio e il nuovo ultrà che avanza, bramoso di vendetta per il fratello, Sasà, scomparso qualche anno prima in uno scontro tra tifosi. Proprio questo è il compito che Sandro si prefissa dall’inizio alla fine: evitare che il giovane Angioletto diventi come lui ed evitare che possa fare la fine dello sfortunato fratello. Sandro si impegna, nei suoi occhi c’è la volontà di lasciare qualcosa al ragazzo. Nonostante i tanti errori commessi nel suo difficile passato, vorrebbe essere una guida. Ci riesce per metà: alla fine Angelo si aggrega al gruppo degli ultras e va verso Roma per l’ultima giornata di campionato. Rischia la vita il ragazzo, ma si salva. Si salva grazie all’intervento tempestivo di Sandro, che si sacrifica. Il Mohicano viene ucciso in uno scontro con le forze dell’ordine.

Ecco, la morte. Un altro fattore prepotentemente criticato da tanti. In tanti hanno visto delle similitudini, dei riferimenti a Ciro Esposito, il tifoso del Napoli brutalmente ucciso a Roma nel 2014 prima della finale di Coppa Italia tra gli Azzurri e la Fiorentina. Proprio la mamma di Ciro, Antonella Leardi, ha rilasciato dichiarazioni in merito alla questione e ci è andato giù pesantemente attaccando il film senza troppi giri di parole: “Nel vedere il trailer del film Ultras con la regia di Francesco Lettieri, sono stata colta da sgomento e profonda tristezza. Non posso che condividere le parole espresse dall’avvocato degli Ultras Emilio Coppola: questo film è una pugnalata al cuore ed una offesa nei confronti non solo della mia famiglia ma anche e soprattutto della memoria di Ciro, mio figlio. L’associazione che abbiamo fondato ha una precisa mission: onorare la vita, la memoria ed il sacrificio di mio figlio. Vogliamo ricordare a tutti che noi ci siamo sempre spesi per la pace e la diffusione di un messaggio di speranza e non violenza. Altresì, credo e difendo la libertà d’espressione e le licenze poetiche di ogni artista, ma in questo film si è superato il limite. I riferimenti alla storia di mio figlio sono così espliciti, che non posso tacere. La narrazione, anche solo del trailer, e’ davvero offensiva per mio figlio. Ciro non è mai appartenuto a quel mondo che viene descritto nel film. Ma soprattutto non ci identifichiamo nei sentimenti e nei messaggi che vengono in questo film promossi. Mio figlio è morto per un deliberato atto di violenza. E dal momento della sua morte, tutta la mia famiglia, si e’ prodigata per diffondere un messaggio di non violenza che abbiamo condiviso nelle TV, negli eventi, negli stadi e nelle scuole. Questo voglio sia chiaro e, nel film, non emerge nessuno di questi messaggi”.

Una cosa alla volta. Qui non voglio difendere nessuno. Lettieri si sa difendere benissimo da solo e lo ha fatto egregiamente in questi giorni. Però vorrei analizzare velocemente qualche frase della signora Leardi, che apprezziamo per il suo lavoro svolto in questi e lo sottolineiamo più volte. “Dal vedere il trailer del film sono stata colta da sgomento e tristezza. Questo film è un’offesa per mio figlio”. Con tutto il rispetto, come si fa a dare un giudizio da un trailer di pochi frame del film? Praticamente impossibile e se la signora Leardi si è fermata solo ai giudizi della gente, rispettabili o meno, ha sbagliato. Nel film, probabilmente, ci sono riferimenti a Ciro. Ma non a Ciro nello specifico. A tutti i Ciro, i Gabriele Sandri o tanti altri tifosi morti ingiustamente per seguire la propria passione. Ma non viene offesa la sua memoria. Su questo ne siamo quasi sicuri. Si possono muovere critiche sulla bravura del regista, degli attori, delle musiche, ma non su questo messaggio. Soprattutto perché fermarsi al trailer di un film è sbagliato. Perché come detto, nel film ci sono tanti altri riferimenti molto interessanti che abbiamo già sottolineato.

Altro punto che vorremmo analizzare sulle dichiarazioni di Antonella Leardi è questo: “Mio figlio è morto per un deliberato atto di violenza. E dal momento della sua morte, tutta la mia famiglia, si e’ prodigata per diffondere un messaggio di non violenza che abbiamo condiviso nelle TV, negli eventi, negli stadi e nelle scuole. Questo voglio sia chiaro e, nel film, non emerge nessuno di questi messaggi”. Altro piccolo errore, giustificato ancora una volta dal fatto che la signora non ha visto il film. Il messaggio di violenza è sbagliato, ovviamente, non stiamo qui certamente a elogiare gli atti violenti. Però non giriamoci intorno, il mondo ultras, da sempre è ricco di episodi di violenza oltre a tanti altri valori come aggregazione e appartenenza. Ma un film sul tifo organizzato non poteva che rappresentare qualche rissa. E anche qui c’entra poco o nulla il compianto Ciro Esposito. Almeno io non ho collegato i messaggi del film con la memoria di Ciro. Sarà un limite, non essendo esperto di cinema. Concludo dicendo che questo non è assolutamente un attacco alla signora Leardi, ma semplicemente una precisazione personale sulle tantissime critiche che il film ha ricevuto. Sarei stato il primo a scrivere di messaggio completamente sbagliato e riferimento errato con Ciro Esposito. Le critiche degli ultras le posso capire, quelle sulla scenografia e sulla qualità generale della pellicola, pure. Sul fatto che il calcio non ci sia praticamente mai, anche. Altre feroci critiche e minacce al regista, onestamente no. Ma ognuno può dichiarare ciò che vuole, ci mancherebbe.

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