A 25 anni dal genocidio che ha visto la morte di oltre un milione di Tutsi, il racconto di uno dei superstiti
“Sono passati 25 da quell’ 8 aprile 1994, quando iniziò un periodo di morte per la mia famiglia. Ricordo l’ultima volta che vidi mio padre, dopo iniziò un periodo di morte che durò tre mesi ma che per me sembravano un’eternità. Un pensiero va a chi non c’è piu’, ai miei cugini, ai miei zii e zie, ad amici e conoscenti, a coloro che sono stati uccisi solo perché “Tutsi”.
Se sono qua oggi, è perche credo alla nostra unità ipostatica. Credo che il sangue delle vittime sia la mia forza di oggi nell’affrontare i fatti quotidiani.
Pregate per me, per tutti noi Ruandesi e per tutto il mondo. Pregate per la vera unità del popolo Ruandese. Pregate per i sopravvissuti, affinché nessun possa fare ciò che hanno fatto i nostri carnefici.
A voi tutti sopravvissuti, la nostra vita ha un senso e significato. Dio non ci ha risparmiato per un caso, abbiamo un mandato, quello di fissare il nostro sguardo alla verità che rende liberi. Tocca a noi unirci, unire la nostra vita, la nostra verità che nessun può fare tacere. Tocca a noi insegnare il valore della vita, perché abbiamo rischiato di perderla tante volte. Dio ci ha fatto sopravvivere per un motivo. Tocca a noi parlare al mondo dell’amore, noi che sappiamo il vero prezzo dall’odio, a noi tocca dare un messaggio di vita perché siamo vivi davvero, sono 25 anni, non è solo una notte. Ricordo quella preghiera “DIO, FAMMI PASSARE AL MENO QUESTA GIORNATA – poi arrivata la sera- OH DIO, FAMMI PASSARE AL MENO QUESTA NOTTE”! Nessun uomo su questa terra ci ha protetto senza la mano di Dio! Oh Dio mio, ti ringrazierò per tutto il resto della mia vita perché solo tu mi hai fatto sopravvivere e mi fai vivere fino ad oggi“.
Questo è il ricordo di uno dei sopravvissuti al genocidio in Ruanda, Jean Paul Habimana, oggi docente di religione a Milano presso la scuola Europa e amico di Don Giovanni Zampaglione, il quale nella celebrazione Eucaristica a Marina di S.Lorenzo ha ricordato il padre di J.Paul,Niyondamya Amaclet, nella speranza che non si verifichino MAI PIU’ fatti orrendi e orribili come quelli successi in Ruanda ove trovarono la morte un milione di persone.