Roma. Restano in carcere i tre extracomunitari fermati dagli agenti del commissariato di polizia capitolino accusati di aver stuprato ed ucciso Desirée Mariottini in un casolare abbandonato di via dei Lucani, nel quartiere romano di San Lorenzo. Il giudice per le indagini preliminari ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei senegalesi Brian Minteh e Mamadou Gara e del nigeriano Alinno Chima. Sarà invece il giudice di Foggia a pronunciarsi sul fermo del quarto uomo, il gambiano Yusuf Salia, bloccato il giorno seguente dalla polizia con 10 chili di marijuana.
Per i tre la detenzione è risultata “unica misura idonea” perché hanno agito “con pervicacia, crudeltà e disinvoltura”, dimostrando “una elevatissima pericolosità, non avendo avuto alcuna remora a porre in essere condotte estremamente lesive in danno di un soggetto minore giungendo al sacrificio del bene primario della vita”, scrive il gip nell’ordinanza di custodia. Per il giudice sussiste “un concreto pericolo di recidiva e di fuga a carico degli indagati, soggetti tutti irregolari sul territorio nazionale rispetto al quale non presentano alcun tipo di legame familiare e lavorativo in quanto dediti all’attività di illecito commercio di sostanze stupefacenti”.
“Meglio che muore lei che noi in galera”. La frase choc che secondo alcuni testimoni avrebbero pronunciato Minteh, Chima e Salia (fermato ieri a Foggia), tre dei quattro accusati per l’omicidio. Secondo il gip Tomaselli “gli indagati hanno dapprima somministrato alla ragazza il mix di droghe e sostanze perfettamente consapevoli del fatto che fossero potenzialmente letali per abusarne, poi ne hanno abusato lungamente e ripetutamente, infine l’hanno lasciata abbandonata a se stessa senza adeguati soccorsi, nonostante l’evidente e progressivo peggiorare del suo stato, fino ad impedire ad alcuni dei presenti di chiamare i soccorsi esterni o la polizia per aiutarla”.