Le 55 denunce per “scambio elettorale politico-mafioso” registrate nel 2017 “testimoniano il permanere di un pericolo latente nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, che nel prossimo futuro potrebbe tradursi in nuovi casi di scioglimento di enti locali”. A sottolinearlo e’ l’ultima Relazione semestrale della Direzione investigativa, in cui si ricorda che “la partita si gioca, oggi piu’ che mai, su piu’ fronti, con il concetto allargato di ‘altra utilita” da tenere sotto costante attenzione investigativa, perche’ coinvolge la promessa di altri comportamenti indebiti e vantaggiosi per il clan, come l’assegnazione di appalti o l’assunzione di lavoratori. Condotte che, specie nel caso dell’assegnazione degli appalti, si rivolgono alle commesse non solo piu’ redditizie, ma che allo stesso tempo determinano effetti sul piano sociale, sia in termini di consenso per le cosche, sia in termini di benessere per la collettivita’. Acquisire il controllo dello smaltimento dei rifiuti consente, infatti, oltre a lauti guadagni, di avere una capillarita’ ‘porta a porta’ della presenza criminale, cui poter far leva anche generando artatamente disagi con la mancata raccolta”. Nel 2017 ben dodici dei 21 comuni sciolti per infiltrazione mafiosa (il 57%) si trovano in Calabria, gli altri in Campania (4), Sicilia (2), Puglia (2) e Liguria (1). “Un impatto non occasionale”, osserva la Dia, visto che nel periodo compreso tra il 2010 e il 2017 i comuni calabresi sciolti per infiltrazioni mafiose (49) rappresentano il 52% del totale (94), mentre quelli campani (18) e siciliani (18) si attestano entrambi al 19%.