Abbandonata all’età di quattro anni dalla madre, viene collocata in una comunità dove trascorre la sua infanzia. Stuprata ripetutamente, a processo finisce uno zio che aveva chiesto l’affido della bambina. Dopo dieci anni si scopre che non è stato lui ad abusare della bambina. L’uomo per 10 anni ha vissuto con un’accusa infamante. A.D. 38enne è stato assolto al termine di un complesso e lungo dibattimento “in quanto – scrivono i giudici nella motivazione della sentenza – i fatti, sussistenti nella loro materialità, non possono ritenersi ascrivibili all’imputato”. E’ il 2009, la piccola riferisce alla responsabile della casa famiglia delle violenze ed accusa lo zio materno delle pratiche sessuali fatte ai suoi danni. La bambina, come segnalato dai servizi sociali, “ha da subito mostrato comportamenti isterici accompagnati da crisi di pianto ed ha dimostrato continuamente di avere necessità di continue manifestazioni di affetto, di attenzione e protezione”. Questo fa si che la procura apri un fascicolo a carico dello zio che riceve dopo un anno l’avviso di conclusione delle indagini. La piccola, però, non viene sottoposta ad incidente probatorio ed è ascoltata solo sei anni dopo la vicenda. Nel corso del processo non accuserà mai lo zio e “non fornirà mai indicazioni utili per l’ascrivibilità dei fatti di cui all’imputazione all’uomo”. I giudici hanno accolto la tesi difensiva sostenuta dall’avvocato del 38enne ed evidenziano come “accanto allo zio, si stagliassero, nella quotidianità della piccola, altre figure maschili adulte” sottolineando che “nel periodo in cui presumibilmente si sarebbero verificati i fatti, l’imputato svolgeva in maniera continuativa la propria attività di collaboratore scolastico in Veneto rientrando presso l’abitazione di famiglia di Siano solo sporadicamente, in occasione delle festività pasquali o natalizie. E’ quindi possibile concludono i giudici che la minore, che all’epoca dei fatti aveva un’età prossima ai 4 anni e intorno alla quale si avvicendavano una pluralità di figure maschili, possa aver proiettato sullo zio , persona di famiglia, fatti in realtà posti in essere da altri”.