Acerra: arrestata Patrizia, la donna che drogava e violentava bambini


Acerra. Ieri mattina è stata finita agli arresti la donna che aveva abusato di due bambine, costringendole ad avere rapporti sessuali sotto l’effetto dell’alcool. Dopo essere riuscita ad evitare la prigione grazie alle continue gravidanze e dopo una breve latitanza, Patrizia R. trentasette anni di Acerra è stata condotta nel carcere di Lauro dalla polizia dove dovrà scontare un residuo di pena di circa dodici anni.
Si è chiusa così una sordida storia di abusi sessuali che vide coinvolti nel lontano 2008 non solo Patrizia, ma anche i genitori naturali delle due bambine all’epoca appena di sei ed otto anni ed un vicino di casa ultrasessantenne: tutti condannati e finiti in galera da tempo. All’appello mancava solo Patrizia che finora aveva scontato circa due anni di arresti domiciliari proprio a causa delle sue continue gravidanze incompatibili con il regime carcerario. A raccontare degli abusi subiti furono proprio le due bambine di nazionalità marocchina date in adozione temporanea dagli assistenti sociali ad una famiglia napoletana a causa del grave stato di indigenza in cui erano costrette a vivere . Alla loro madre adottiva trovarono il coraggio di raccontare, tra lacrime e singhiozzi le violenze subite in quella casa dove gli orchi abusavano sessualmente di loro in preda ai fumi dell’alcool. Un’ orrore senza fine che ha visto come protagonisti non solo Patrizia, ma anche il loro padre Mohamed, sua moglie e del vicino di casa Antonio G.
Il papà Mohamed fu condannato a diciotto anni di carcere, sua moglie a sette e il vicino di casa, sessantasei anni all’epoca dei fatti, a dieci anni di reclusione. Patrizia avrebbe dovuto infine scontare circa quattordici anni di galera ma non ha mai varcato fino a ieri mattina le porte del carcere anzi, per evitarlo ha messo al mondo ben quattro figli di cui il più piccolo di un anno e mezzo. Ora deve scontare undici anni e nove mesi di carcere. Insieme a lei anche il suo figlio più piccolo che potrà accudire.