Gli assassini della guardia giurata confessano: “Erano le tre di notte, non volevamo tornare a casa e allora abbiamo deciso di picchiare l’uomo”


Uno dei tre baby assassini della guardia giurata Franco Della Corte sognava di fare il calciatore. Si chiama C.U.  17 anni, è lui il capo del branco, militava nello  Ssd Sporting Club “Brothers’’ di Chiaiano e quando l’altro giorno gli agenti del commissariato di Scampia sono andati a prelevarlo per interrogarlo lui senza scomparsi ha chiesto: “Ci sbrighiamo in tempo per l’allenamento?”. Quando aveva 12 anni fu coinvolto in un episodio di bullismo a sfondo sessuale. Gli altri due K. A. di 16 anni e L. C. di 15 sono nullafacenti come lui. Quest’ultimo domani lunedì 19 marzo avrebbe dovuto cominciare a lavorare come garzone in una panettiera di Piscinola, il loro quartiere. Vivono tutti la in via Vittorio Emanuele III, il cosiddetto quartiere di “Pippotto”. Tutti con storie familiari complesse, due hanno i genitori separati che vivono arragiandosi facendo mestiere umili. Eppure proprio il ragazzo che da grande voleva aprire una panetteria a Piscinola, come ha confessato la sua fidanzatina ai giornalisti quando vedeva in tv le storie di anziani picchiati lui commentava: “Chi fa queste cose è un infame”. Ma lui e i suoi amici hanno fatto qualcosa di molto più grave: hanno massacrato di botte, uccidendolo, un padre d famiglia di 51 anni per rubargli la pistola che avrebbe rivenduto per 5/600 euro. Sono a tratti sconcertanti le loro confessioni contenute nell’ordinanza di fermo da parte della Procura per i minori su disposizione del pm Ettore La Ragione. Il capo branco ha dichiarato: “Ho finito di fumare l’ultimo spinello e ho detto: guagliù, ora picchiamo il metronotte. Volevamo andare a mangiare un cornetto, ma il bar era chiuso. Erano le tre di notte, ci scocciavamo di andare a casa, quando abbiamo visto passare quell’uomo davanti a noi. Sì ho partecipato anche io mi assumo la responsabilità di quanto avvenuto, anche se non ho mai colpito quell’uomo. Anzi. Quando l’ho visto cadere a terra, sotto i primi colpi, ho pensato che quell’uomo poteva essere mio padre. Ho detto: stiamo facendo una stronzata”. Poi è scoppiato in lacrime e ha chiesto il perdono della famiglia di della Corte. Il primo a crollare e a confessare subito però è stato il più piccolo del gruppo L.C., 15 anni da poco compiuti, figlio di un parcheggiatore abusivo e di una domestica: “Le notti passano così, a giocare a mazza e pietre. Prendiamo le mazze dalla spazzatura, usando pezzi di vecchi mobili, facciamo saltare un coccio di bottiglia e poi lo colpiamo al volo. Con quelle mazze  abbiamo aggredito quell’uomo, sapevamo che alle tre di notte faceva il suo giro”.  Anche lui è scoppiato i lacrime, difeso dalla penalista Antonella Franzese, ha chiesto se poteva scrivere una lettera alla famiglia del 51enne ucciso. È stato lui ad ammettere che l’obiettivo era la pistola del vigilante. E infine K. A. “Abbiamo deciso tutti e tre di picchiare quell’uomo, io però non ho sferrato neppure un colpo”. Le bacheche facebook dei tre contengono una serie di immagini inequivocabili con frasi inneggianti alla violenze e immagini di Totò Riina.

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