Le notti magiche di Italia ’90 terminarono allo stadio San Paolo in una notte d’estate, quando l’Argentina di Maradona negò il pass per la finale agli Azzurri. E quell’eliminazione ai rigori nego’ anche ad Azeglio Vicini la possibilita’ di giocarsi in finale il titolo mondiale con la squadra ‘erede’ di quella che – pochi anni prima, secondo la gran parte degli osservatori – a livello di Under 21 aveva giocato il miglior calcio d’Europa. Nato a Cesena, 85 anni da compiere il prossimo 20 marzo, Vicini muove i primi passi da calciatore professionista a Vicenza, club con cui esordisce in serie A il 25 settembre 1955 contro l’Inter. Dopo tre stagioni con i veneti, passa alla Sampdoria, dove resta per sette stagioni, prima di scendere con il Brescia in B: con le rondinelle sfiora la promozione il primo anno e la ottiene il secondo, prima di appendere gli scarpini al chiodo e iniziare la carriera da allenatore. Nel ’68, a soli 35 anni, entra a far parte del settore tecnico della Nazionale, che ai vari livelli sara’ il suo vero, unico grande club. Nel ’75 prende la guida della Under 23, l’anno dopo viene ‘promosso’ alla Under 21 dove rimane per ben dieci anni e cinque europei di categoria: per tre volte consecutive ai quarti, arriva in semifinale nell’84 e in finale nell’86. E’ probabilmente l’Under 21 piu forte della storia del calcio italiano, forte di un gioco spettacolare e di individualita’ quali Zenga, Ferri, Matteoli, Vialli e Mancini, ma l’incrocio con la Spagna di Luis Suarez risulta fatale. La doppia finale vede prevalere gli azzurri in Italia e le furie rosse in Spagna: dal dischetto falliscono Giannini, Desideri e Baroni e la coppa resta a Valladolid.