Calcio, la situazione porte (soc)chiuse in Italia


Tempi duri, durissimi per il tifoso di calcio, ancora di più per quelli che desiderano vivere la propria passione dal vivo e non sul divano di casa. Lo sanno bene i tifosi di tutto il panorama nazionale, privati dello stadio, di quella adrenalina che sale durante la settimana e culmina il giorno della partita, il pranzo (quando la cena) di fretta e furia, e via di corsa per raggiungere quei gradoni, il proprio posto, quello di sempre, gli amici di sempre, per gridare, urlare a squarciagola il proprio amore verso quei colori che si portano nel cuore sin da piccoli e che si sa, non si tradiranno mai. È solo un assaggio di cosa può essere “vivere lo stadio”, per i tifosi o semplici appassionati, ma pensiamo cosa rappresenta per le società che investono nel prodotto calcio e che da mesi non vedono transitare un penny bucato dal botteghino. Questo significa, per i piccoli club soprattutto, l’inizio della fine. I grandi club si tengono a galla (e mica tanto!) con i diritti televisivi, il merchandising e con i grossi sponsor, ma le medio/piccole di Serie A, e tutte quelle di B e C, senza il botteghino, di questo passo, hanno il destino segnato. Ma cosa sta succedendo altrove? In Francia e Germania, già da un pezzo, le porte degli stadi hanno tolto i lucchetti e permesso l’ingresso sulle tribune a migliaia di tifosi, sempre mantenendo un distanziamento rigoroso, ma rispetto al numero massimo di 1000 tifosi che hanno avuto accesso (molti invitati da sponsor e dalle stesse società) negli stadi italiani e solo per le gare di Serie A, siamo purtroppo attardati (colpevolmente) nei tempi e nelle modalità. Abbiamo ancora negli occhi gli oltre 15.000 spettatori presenti in occasione della Finale di Supercoppa Europea tra Bayern Monaco e Siviglia, eppure parliamo di Budapest, Ungheria, un’altra nazione che ha dovuto fare purtroppo i conti con il Covid.

Serve che gli organi preposti prendano esempio e coraggio dai colleghi stranieri e diano ossigeno al pianeta calcio, che ricordiamo essere una vera industria e parte rilevante del PIL nazionale. Di questo passo non si fa il bene di nessuno, le modalità per agire in sicurezza ci sono e vanno subito introdotte. Anche perché proprio di recente si è assistito a raduni di leaders politici nelle piazze italiane e in quel caso nessuno si è scandalizzato se le persone si accalcavano, inneggiando al loro colore politico.

Il CT della Nazionale Roberto Mancini, è di ieri una sua dichiarazione dove esorta il Governo ad accelerare la riapertura, anche parziale, degli stadi italiani, in linea con gli altri Paesi europei.

Attendiamo pazientemente il 7 ottobre prossimo, data in cui uscirà probabilmente il nuovo DPCM che, ci auguriamo, stavolta apra in maniera considerevole i tornelli dei nostri stadi.

Daniele Vigilante

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