Spero che molti uomini liberi e amanti della libertà vogliano condividere, diffondere, fino a far esplodere quest’hashtag in tutto il mondo, che dovrebbe raggiungere milioni di aderenti. Si tratta di un grave attentato alla libertà di oltre otto milioni di persone di elevato livello culturale e civile, che rischiano di sprofondare nella più tremenda forma di repressione del mondo contemporaneo, che quindi non può accettarla. La sollevazione del popolo, con il sostegno morale e, se del caso, materiale di tutti gli altri, potrebbe contrastare ed abbattere il più cinico ed irriducibile sistema dittatoriale oggi esistente, apparentemente onnipotente, costituito dal comunismo cinese. Quella che ormai ha preso la denominazione della rivoluzione degli ombrelli può rappresentare per l’apparentemente inespugnabile regime asiatico, un grave incidente non previsto, con conseguenze gravi sulla complessiva stabilità di quel grande Paese.
Ho una non trascurabile esperienza personale che può risultare illuminante. Negli anni immediatamente precedenti alla cessazione del protettorato britannico e la conseguente cessione alla Cina di Hong Kong, mi sono trovato ad essere il Presidente della delegazione del Parlamento Europeo per i rapporti con la Cina, un osservatorio certamente privilegiato. Ho quindi avuto in mano il dossier relativo a tale passaggio di potere e mi sono recato più volte nella ex colonia britannica per capire come la popolazione di Hong Kong avrebbe potuto accettare un così profondo cambiamento. Erroneamente, da Occidentale, insieme a tutti i miei colleghi della delegazione parlamentare, ci aspettavamo almeno un atteggiamento diffidente da parte degli abitanti di quella regione, che erano abituati ad un livello di libertà ed emancipazione di stampo occidentale. Invece, con somma meraviglia la stragrande maggioranza era favorevole al ricongiungimento con il loro stesso popolo, probabilmente per la convinzione, poi anch’essa delusa, di divenire la più importante piazza per il trading cinese nel mondo. Solo una sparuta minoranza, guidata da un avvocato con esperienza nel campo dei diritti civili, era contraria, ma non contava nulla. Un grande orologio elettronico nel centro della città scandiva i mesi, i giorni , le ore ed i minuti che mancavano allo storico appuntamento. Approfondendo la questione, ci rendemmo conto che la parola democrazia, era per gli abitanti di Hong Kong qualcosa di totalmente sconosciuto. Mai erano stati chiamati ad esprimere un suffragio libero ed universale. Dal rango di colonia di sua maestà britannica, gestita attraverso un governatore, cui erano attribuiti tutti i poteri, come in un Governo assoluto di stampo settecentesco, passavano a provincia della Repubblica comunista cinese e nel trattato non erano previste elezioni democratiche per l’autogoverno della regione. Sotto il dominio di sua maestà britannica ad Hong Kong erano diffuse le libertà fondamentali di ogni nazione occidentale, ma la democrazia liberale, con i suoi pesi e contrappesi, con la separazione dei poteri, con la sovranità popolare, erano sconosciuti e non percepiti. Sono stati necessari vent’anni di cinica prepotenza comunista cinese, apparentemente soave, ma determinata e sovente spietata, per rivelare il vero volto di quel regime, in cui si può liberamente imprendere ad anche arricchirsi, ma senza un briciolo di libertà, che alla fine si rivela importante come l’aria, la cui mancanza toglie il respiro. Il primo segnale è stato dato dalla rivolta degli ombrelli, che ha avuto un parziale successo grazie alla proverbiale pazienza dei cinesi, abituati a ragionare in termini di millenni. Il nuovo, scoperto tentativo posto in essere dall’imprudente ed inadeguata governatrice della Provincia, ha rotto ogni argine, fino a portare in piazza milioni di persone che non hanno avuto paura della crudele e pesante repressione delle forze di polizia, comandate da mercenari britannici senza scrupoli.
Su questo cruciale angolo di mondo e sul diritto della sua popolazione alla libertà si giocherà la più importante partita di civiltà giuridica e democrazia del mondo, verificando se il gigante cinese ha i piedi di argilla e dovrà cedere alle imponenti manifestazioni di massa quotidiane o se, come avvenne per la sollevazione dei giovani inermi di Piazza Tienammen, il cinismo autoritario s’imporrà, dimostrando di non aver alcun rispetto per la vita e la libertà dei cittadini.
Forse è la grande occasione perché il mondo occidentale, se ancora esiste ed ha l’orgoglio di voler difendere le proprie conquiste di civiltà, batta un colpo. Hong Kong va difesa e deve diventare un simbolo della lotta per la libertà, altrimenti assisteremo ad un’altra Shoah.
Abbiamo lanciato, insieme ad altri amici, un hashtag, che speriamo raggiunga centinaia di milioni di seguaci: #sonocittadinodi HongKongecombattoperlamialiber
Confido in un’adesione straordinaria in cui moltissimi uomini e donne liberi dell’Occidente si facciano moltiplicatori di quella che ritengo la più importante, concreta battaglia di libertà di questo terzo millennio.
di Stefano de Luca, Giancarlo Morandi, Stefano Maria Cuomo, Luca D’Alessio, Nicola Fortuna, Claudio Gentile, Francesco Pasquali, Roberto Sorcinelli dell’ Ufficio di Segreteria Nazionale Partito Liberale Italiano