Juventus, Sarri si presenta: “Napoli? Amerò i tifosi in ogni caso. Tuta? Mi piacerebbe, spero non mi faranno andare nudo in panchina”


Maurizio Sarri si è presentato oggi per la prima volta come nuovo allenatore della Juventus. Nella sala conferenze dedicata a Gianni e Umberto Agnelli, dove solo Cristiano Ronaldo è stato presentato, il neo tecnico bianconero ha risposto alle domande dei colleghi presenti. Dal passato napoletano ai nuovi obiettivi societari, Sarri a tutto tondo:

“Io quando sono arrivato a Napoli ho dato tutto, perché sono nato a Napoli e sono tifoso del Napoli. Ho dato tutto dal punto di vista professionale. Poi negli ultimi mesi ho avuto qualche dubbio, tra la parte professionale e quella logica. Poi il Napoli mi ha tolto questo dubbio presentando Ancelotti. Ma il problema era mio perché questo dubbio era serio. A quel punto decido di andare all’estero, anche se ho offerte anche dall’Italia, ma decido di fare una esperienza in Premier. E’ stato bellissimo, ma poi sento l’esigenza di tornare l’Italia e la Juventus mi ha dato questa opportunità, il club più importante d’Italia. Credo di aver rispettato tutti e nell’ultima parte dovevo rispettare anche me stesso. La sensazione quando mi ha contattato la Juventus è stata forte, mai vista una società così determinata nel prendere un allenatore”.

Quando cambierà il calcio in Italia?
“Il nostro sarà un percorso lungo, girando gli stadi in Inghilterra ti rendi conto dell’inadeguatezza delle nostre strutture. Lì il clima è molto diverso e in Italia bisogna partire dalle strutture. In Italia abbiamo la fortuna di avere ancora un piccolo vantaggio per strutture societarie e per competenze tecnico-tattiche. Lì il risultato è importante, ma un po’ meno rispetto a qui perché sanno di rischiare un po’ meno in caso di sconfitta. Sono contento di rientrare in Serie A perché dal punto di vista della competizione con gli allenatori questo è un anno molto interessante, ci sono tecnici come Conte, Ancelotti, Giampaolo, Fonseca e De Zerbi che mi piacciono molto. Si sta creando un’aria molto frizzante”.

Sarà giudicato da quello che farà in Champions?
“Mi aspetto di alzarmi la mattina e studiare il modo di vincere le partite. La Juventus in Italia ha l’obbligo di mettersi sulle spalle il fardello di essere la favorita e di dover fare bene. Poi se entriamo nel discorso Champions League la Juventus ha l’obbligo di partire con l’obiettivo di vincere, ma si sa che ci sono altre 8-9 squadre con lo stesso obiettivo. Le responsabilità secondo me sono più forti a livello italiano che non europeo, la Champions è un obiettivo con un coefficiente di difficoltà mostruoso”.

Adatterà i giocatori al suo modulo?
“Dobbiamo sapere quali sono i due-tre giocatori che ci possono fare la differenza e poi metterli in condizione di poter fare la differenza. Negli ultimi anni ho fatto il 4-3-3 e si parla di 4-3-3, ma io ho giocato per anni col trequartista e lo stesso 4-3-3 del Chelsea è stato molto diverso da quello del Napoli. Il modulo è una conseguenza delle caratteristiche dei calciatori”.

Che effetto fa allenare il giocatore più importante al mondo e un club come la Juventus?
“Io non passo da dilettante alla Juventus, ma è stato un percorso lungo. Mi dà emozioni essere qui e mi fa piacere, il percorso è lungo ed è fatto di passi. Quella della Juventus è una storia pluricentenaria, mentre al Chelsea la storia s’è elevata negli ultimi 20 anni. Lo ritengo questo un ulteriore passo in avanti, l’emozione c’è ed è forte ma la Juventus non ha preso un tecnico dai dilettanti, nel frattempo c’è stato anche un mio percorso. Negli ultimi anni ho allenatori giocatori forti e giocatori molto forti, con Cristiano Ronaldo però si va a un livello superiore perché è il top al mondo. Ha quasi tutti i record che si possono avere a livello mondiale e mi piacerebbe fargliene battere qualcun altro”.

Quando era a Napoli parlava della Juventus come di potere costituito. Vuole ancora querelare chi in passato lo accostò alla Juventus?
“Io non dissi che lo querelavo per la Juventus, ma perché era una notizia prima di fondamentale e il discorso non riguardava la Juventus. Io penso che ho vissuto tre anni in cui mi alzavo la mattina e il mio primo pensiero era quello di battere la Juventus, perché eravamo l’alternativa più credibile. Era il mio dovere morale, ho dato il mio 110% e non ci siamo riusciti. Lo rifarei, ma è chiaro che si trattava di un’avversità sportiva e quando finisce finisce. La mia professionalità, adesso, mi porterà a dare tutto per la Juventus. Tutto quello che ho fatto posso averlo fatto anche con mezzi e modi sbagliati, ma credo sia intellettualmente apprezzabile perché se io ho un avversario lo posso odiare, ma alla fine lo devo apprezzare”.

Si sente un traditore? Ha sentito i suoi ex calciatori?
“No, ma ho qualche messaggio che rimetterebbe tutto in discussione. A volte le dichiarazioni pubbliche servono anche per convivere con l’ambiente, poi i discorsi privati sono diversi. Il mio percorso professionale l’ho già chiarito, sono andato all’estero dopo Napoli e poi avevo l’esigenza di tornare in Italia e io devo rispettare me stesso e questa professione. E la Juventus mi ha voluto fortissimamente. Qui darà il mio 110% e io penso di non aver mai mancato di rispetto a nessuno”.

Cosa l’ha colpita della Juventus?
“Mi è bastato un paio di cene con loro per capire che sono un gruppo forte, per compattezza e mentalità e questo mi piace molto”

Come supererà lo scetticismo di parte della tifoseria?
“E’ un atteggiamento che mi ha sempre accompagnato. E’ già stato così ad Empoli, poi a Napoli e al Chelsea. In virtù della mia storia è anche giusto che ci sia un po’ di rancore e scetticismo. Come sempre, per portare i tifosi bisogna vincere e convincere. Non ci sono altre strade”.

Vincere è l’unica cosa che conta: firma questo motto?
“Sul vincere io posso dire poco perché ho vinto poco, o quantomeno ho vinto in categorie più basse. Penso che il divertirsi in campo non sia in contrasto col provare a vincere perché una squadra che si diverte in campo è benzina anche per ottenere i risultati. Una squadra che si diverte non è una squadra frivola, dopo le prime 3-4 partite in Serie A con l’Empoli venivo accusato di volermi salvare con un gioco brillante, di dover essere più difensivo. E ci siamo salvati con sei giornate di anticipo. La storia ci dice che hanno vinto squadre con caratteristiche opposte ed è bene durante il percorso che uno rimanga sé stesso e abbia la capacità di trasmetterle”.

Dybala e CR7 possono giocare centravanti?
“Quando un giocatore ha le qualità di Dybala o Cristiano Ronaldo può giocare ovunque, quello che può cambiare è l’interpretazione del ruolo perché poi ognuno la le sue caratteristiche”.

Quando parlavi di andare al palazzo per prendere il potere stava interpretando un personaggio?
“No, non interpretavo un personaggio. Io in quel momento rappresentavo un popolo e una squadra che non vinceva da tempo e siamo stati in ballo fino a dieci giorni dalla fine del campionato. Si voleva prendere il potere, si voleva vincere lo Scudetto. Non è finita come volevamo, ma il viaggio è stato stupendo”.

Indosserà la tuta?
“Non lo so, ne parlerò con la società. Sul terreno di gioco mi piacerebbe indossare la tuta, ma sarà argomento di confronto. L’importante è che a quest’età non mi mandino nudo… (ride, ndr)”.

Che differenze ha trovato tra Napoli e Chelsea?
Il Napoli era una squadra di giocatori da squadra, di giocatori completamente a disposizione della squadra e muovevano la palla a una velocità decisamente superiore. Il Chelsea aveva giocatori con qualità tecniche probabilmente superiori, ma con caratteristiche diverse e veniva fuori un calcio meno fluido ma altrettanto pericoloso per le qualità dei singoli, perché c’erano due tre giocatori che andavano fatti esaltare per le loro individualità. Non si può pensare di cambiare le caratteristiche dei giocatori, sarebbe folle. Se la pensassi così dovrei continuare ad allenare i dilettanti, bisogna andare incontro alle caratteristiche dei calciatori”.

A Napoli sei stato molto più di un allenatore. Cosa ti aspetti in Napoli-Juve? Cosa ti aspetti sul fronte dei cori razziali?
“Sui cori razziali non cambio idea se cambio società, l’Italia dovrebbe smetterla perché dà una sensazione di inferiorità netta nei confronti del resto d’Europa. E’ giusto anche fermare le partite, lo pensavo a Napoli e lo subivo di più perché sono nato a Napoli, ma la mia idea di fondo resta la stessa. Non si può restare 30-40 anni indietro rispetto al resto d’Europa. Io quando esco dal San Paolo so che se mi applaudono è una manifestazione d’amore e se mi fischiano è una manifestazione d’amore. A Napoli ho fatto tutto quello che dovevo, per dovere morale e professionale. Io ho il dovere di tirare fuori il 110% da tutti e a Napoli il coinvolgimento era totale perché da ragazzino tifavo Napoli. Andare via dall’Italia dopo Napoli credo sia stato un atto di rispetto, poi se un anno dopo il club più importante d’Italia ti chiede di rientrare io devo rispettare anche me stesso e questa professione. Poi se ci si va a ricamare sopra non se ne esce, ma a Napoli non ho recitato alcuna parte”.

Andrà a trovare Cristiano Ronaldo?
“Ora mi organizzerà con Paratici nel pomeriggio, vorrei parlare con 2-3 giocatori. L’età mi insegna che bisogna condividere e voglio capire cosa pensano di sé stessi i singoli calciatori, partendo da quelli che incidono di più”.

Cosa l’ha colpito della Juventus?
“Io ho fatto 30 anni di trattative e credo di aver affinato il fiuto. Nella Juventus ho visto grande determinazione e non è la questione di una frase, ma la convinzione con cui mi hanno cercato e il sacrificio e le attenzioni mostrate. E’ subito nato un grande feeling”.

Chi sono i 2-3 giocatori attorno a cui costruirà la rosa?
“I giocatori che ci possono cambiare la squadra sono quelli offensivi, poi abbiamo bisogno di grandi giocatori ovunque. Negli ultimi 30 metri di campo ci sono giocatori in grado di fare la differenza e altri bravi. Ronaldo, Dybala e non solo. I giocatori che fanno la differenza sono quelli che hanno talento e bisogna partire da loro”.

Non ha nominato Higuain.
“Non ho nominato né Higuain né Mandzukic, ma sono solo andato per esempi e non volevo dimenticare nessuno. Al Pipita voglio molto bene, lo sapete tutti e dipende da lui. Qui c’è una serie di dirigenti che segue i calciatori da anni e quindi è anche il caso che sia io ad ascoltare molto loro per le valutazioni. Forse non per Higuain, che conosco molto bene anche io, ma sugli altri loro li conoscono meglio di me”.

Farà richieste particolari sul mercato?
“Ora vediamo, appena mi farò un’idea più definita anche sul modulo e sul come giocheremo. Io non faccio grosse richieste sui nomi, ma sulle caratteristiche sì. Sicuramente Paratici conosce molti più giocatori di me, la sua competenza è nettamente superiore alla mia”.

Cosa le lascia in eredità Allegri?
“Allegri lascia una eredità pesante, non è semplice nei prossimi cinque anni vincere tutto quello che ha vinto Allegri negli ultimi cinque. Mi piacerebbe continuare a vedere una squadra con una capacità che riesce anche in dieci minuti a tritare una partita dopo mezz’ora di difficoltà. La sua era una squadra anche mentalmente difficile da affrontare”.

Proverà a dare una filosofia a tutte le squadre della Juventus? Come risponde a chi la definisce integralista?
“Con Fabio e gli altri allenatori faremo qualche riunione, ma poi per riuscire a inserire una filosofia e uno stile di gioco per tutte le categorie penso che il percorso sia molto lungo e non credo di poter restare 24 anni come ha fatto Ferguson. Sulla questione dell’integralista dico che a smentirla sono i fatti, visto che sia ad Empoli che a Napoli ho cambiato ruolo”.

Cosa è il Sarrismo?
“Non lo so cosa sia il Sarrismo, ho letto sulla Treccani che è una filosofia calcistica e non solo. Ma non è che uno mette il Sarrismo nella Treccani e io posso cambiare. Spero di essere rimasto lo stesso nei concetti, una persona diretta che ha bisogno di dire quello che pensa e di sentirsi dire quello che pensa. Questo porta a scontri, ma sono scontri risolvibili. L’irrisolvibile è il non detto, perché crea rancore. Io spero di aver cambiato i concetti di fondo che ho sempre avuto”.

Ha sentito De Laurentiis e Allegri?
“Non ho sentito il Presidente, tutti pensano che io con lui abbia un cattivo rapporto ma non è così perché io lo ringrazierà sempre. Poi possono esserci divergenti, ma quello di aver allenato il Napoli per me che sono nato a Napoli e che da ragazzino era tifoso del Napoli è stato un sogno. Non dirò nemmeno sotto tortura quali giocatori del Napoli ho sentito. Allegri per ora non l’ho sentito, ma spero di avere ora un paio di settimane per sentire anche lui, ma di solito è un cazzeggio e non parliamo di argomenti molto seri”.

Ha sentito Higuain?
“No, con lui non ho più parlato dopo la festa per la vittoria dell’Europa League. Higuain ha qualità tecniche per giocare con chiunque, la mia sensazione è che Gonzalo abbia vissuto male il post Juventus e sia uscito un po’ scosso dalla Juventus e abbiamo fatto una stagione da post-trauma. Ma per me può fare ancora 2-3 anni di alto livello”.

Sarà se stresso anche qui o si dovrà adattare?
“Non lo so. Ieri sera a cena mi sono trovato a tavola con persone che mi sembravano amici. Non so cosa possa essere lo stile Juve. Alcune mie parole del passato sono state strumentalizzate, una mia uscita polemica sulle maglie a strisce per esempio era dopo un Empoli-Milan. La questione del dito medio è stata una reazione esagerata da parte mia ma fu ben spiegata anche nel post partita, quando spiegai che il mio era stato un brutto gesto nei confronti di 15-20 stupidi. Se ci sono su 45.000 persone 10 che ti dicono ‘terrone di m…’ io non li ritengo tifosi della Juve”.

Ha parlato di Bernardeschi come uno dei migliori italiani. Cosa deve fare per consacrarsi?
“Mi piace come giocatore, dopo un Fiorentina-Napoli lo dissi. Parliamo di un giocatore tecnico e ordinato e mi piace molto. Deve avere più continuità, gli manca un po’ questo. Adesso deve farlo, in un solo ruolo. Si deve specializzare”.

Cosa l’ha rafforzata in Inghilterra?
“Il mondo dei media inglesi lo conoscete meglio di me. Tutto questo ti fortifica, in Italia venivano riportate solo alcune cose: il Times e il Guardian scrivevano altre cose su di me, positive”.

Si è fatto un’idea su come e dove deve migliorare la Juventus e in che reparto?
“Non si tratta di incidere su un reparto o su un singolo giocatore. Il mio modo di fare calcio è diverso, dobbiamo cercare la produttività. La mia filosofia rimane la stessa ma voglio capire dove si può arrivare con questa e quanto di debba lasciare le cose in mano ai singoli giocatori. Vorrei vedere Pjanic toccare 150 palloni a partita, però ci deve essere l’aiuto di tutti. Ogni squadra è come un figlio, non è detto che educandoli nella stessa maniera vengano fuori nello stesso modo”.