Uno studio svizzero ha rilevato ancora tracce di radioattività nei funghi e nella selvaggina del Canton Ticino, al confine con l’Italia, a distanza di trentatré anni dall’incidente nucleare di Chernobyl. Era la notte del 26 aprile 1986 quando da un reattore numero 4, che era sottoposto a test, della centrale nucleare della città ucraina appartenente, all’epoca, all’Unione Sovietica si diffusero, a seguito di un’esplosione, in tutta l’Europa particelle radioattive che contaminarono anche i prodotti agricoli. Si trattò di un incidente unico nella storia fino a quel momento. Secondo le ultime rilevazioni del Laboratorio del Canton Ticino, riportate oggi dai colleghi de Il Corriere di Como, ci sono ancora tracce di radioattività riscontrabili nei funghi selvatici commestibili e nella selvaggina del Canton Ticino. Il quotidiano ricorda che anche al di qua del confine nel 2017, anno a cui risalgono gli ultimi rilievi Arpa in Lombardia, nel 30% dei campioni di prodotti alimentari era stata individuata la presenza di tracce di Cesio 137 riconducibili all’incidente di Chernobyl. La maggior parte di questi campioni circa 84 su 95 era relativa a selvaggina, frutti di bosco, funghi e pesci di lago: solo in un caso, però, era stato superato il limite stabilito dalla normativa europea.