Torino. Un episodio singolare avvenuto ad un’operaio napoletano trasferitosi nel capoluogo piemontese da circa vent’anni. Secondo quanto riportato in una lettera inviata al portale AreaNapoli.it, l’uomo sarebbe stato licenziato probabilmente a causa della fede calcistica: “Salve gentili amici e tifosi del Napoli, sono gioioso per i risultati della mia squadra, Sarri ci fa sentire orgogliosi della nostra terra. Non m’interessa di quello che dicono sedicenti esperti di calcio e giornalisti del Nord, il Napoli ci sta facendo sognare. Nel 1996 mi sono trasferito a Torino per questioni lavorative, fino allo scorso dicembre ero impiegato in una fabbrica che produceva dei componenti per automobili destinati poi a grandi colossi del settore. Ho 56 anni, due splendidi figli ed il cuore azzurro. In questi 20 anni non ho mai rinnegato le mie origini napoletane e gioito e sofferto per i risultati della mia squadra. Sul posto di lavoro si alternavano gli sfottò con i colleghi juventini, torinisti e di altre squadre, tutto normale, non sono un tipo rancoroso. Spesso mi presentavo a lavoro con un berretto azzurro e rivendicavo i successi del Napoli di Maradona. Avevo anche appeso una sciarpa del Napoli vicino la mia postazione. Negli ultimi anni però ho iniziato a sentire una certa diffidenza nei miei confronti, il nuovo capo del personale arrivato a gennaio 2016 mi ha subito dato una impressione non molto positiva. Poche settimane dopo il suo arrivo mi ha intimato di togliere la sciarpa azzurra che avevo esposto, con rammarico ho provveduto a togliere il vessillo azzurro, ma non ho dato molto peso a quanto accaduto. Ma poi i segnali sono aumentati, a maggio di quello stesso anno mi negò un permesso già accordato per recarmi a Napoli, dovevo andare al San Paolo per guardare una partita del Napoli di Sarri, facendomi perdere anche i soldi biglietti della partita e treno, ed inoltre mi richiamò chiedendomi di non parlare più del Napoli con i miei colleghi. Voglio sottolineare che le mie mansioni lavorative e scadenze sono sempre state impeccabili. Sapevo bene che lui era un accesso tifoso juventino di origini calabresi, ma non volevo pensare che questo interferisse anche su questioni lavorative.
Nel 2017 oltre al clima teso che aveva creato in fabbrica mi criticò più volte anche davanti a colleghi del fatto che la mia parlata avesse una evidente flessione dialettale verso il napoletano, inoltre mi vietò anche di portare dei semplici auricolari per poter buttare un orecchio alle gare che il Napoli giocava il sabato pomeriggio. L’amarezza cresceva, ma tutto sommato erano cose sopportabili, avevo uno stipendio sicuro ed una bella famiglia. Illusione però fu vana, ad ottobre 2017 tramite una lettera mi fu annunciato che a fine dicembre avrei dovuto abbandonare il posto di lavoro per problemi di crisi dell’azienda. Mi reco subito dal capo del personale e da un dirigente, ma ricevo solo spiegazioni piuttosto sommarie, inoltre con mio rammarico noto che solo io ho ricevuto tale comunicazione. Una situazione che mi ha gelato il sangue, nemmeno l’intervento di alcuni vecchi colleghi ha potuto cambiare le cose. Al momento non sto lavorando, ora ricevo un assegno di disoccupazione, ma con il sindacato ed avvocato stiamo provando a fare ricorso. Detto ciò, non mi leva nessuno dalla mente che il mio tifo per il Napoli sia stato il motivo del mio incredibile licenziamento! Sono stanco di questi inutili campanilismi ed oggi come allora grido ancora più forte: Forza Napoli! Con la speranza che la squadra di Sarri riscatti anche l’orgoglio di un intero popolo”.