Dieci anni dopo, una condanna in contumacia in primo grado e un nuovo processo con l’accusa di aver stuprato e massacrato di botte l’ex moglie, si è conclusa ieri la vicenda con un’assoluzione per un imprenditore casertano residente a Gricignano d’Aversa.
A qualche anno dal matrimonio, la coppia si trasferisce a Viareggio dove nasce il loro unico figlio. Dopo qualche tempo e il matrimonio entra in crisi e inizia così una travagliata causa di separazione. Il figlio, su sua stessa richiesta, viene affidato al padre quando l’imprenditore decide di tornare a vivere nel casertano.
Poco prima, però, lei denuncia quello che all’epoca era il marito prima per percosse e poi per stupro. I suoi esposti arrivano in questura in una strana sequenza: si presenta una prima volta per raccontare di essere stata schiaffeggiata dal marito, dopo alcune ore, torna in questura e aggiunge che un mese prima, di notte, suo marito l’ha riempita di botte e poi violentata. Non è però in grado di fornire referti medici. L’accaduto risale al 2005.
Tre anni dopo, come riporta l’edizione di Caserta de Il Mattino, quando oramai l’uomo si era trasferito a Gricignano d’Aversa, arriva una notifica giudiziaria: il tribunale di Lucca lo ha giudicato colpevole di maltrattamenti e violenza carnale, condannandolo a otto anni. L’imprenditore neanche sapeva del dibattimento in corso e incarica l’avvocato Dezio Ferrara che fa ricorso contro la sentenza. La Corte d’Appello di Lucca annulla la sentenza, riconoscendo una serie di difetti di notifica e rinvia gli atti al gup ordinando la celebrazione di una nuova udienza preliminare. L’imprenditore viene di nuovo rinviato a giudizio. L’avvocato chiama a testimoniare sia la madre della ex moglie che il figlio della coppia, ormai maggiorenne. Nella denuncia sporta dalla donna, infatti, si legge che entrambi erano presenti nella casa la notte delle presunte violenze. La madre della presunta vittima smentisce la versione della figlia; riferisce di essere sorda, ma aggiunge che la donna ha inventato tutto e conclude “ero presente quella notte e non è successo nulla”. Uguale la versione del figlio della coppia che ai giudici riferisce che proprio a causa delle bugie della madre aveva scelto, in passato, di vivere col padre.
Nel corso del dibattimento, l’avvocato Ferraro chiede e ottiene anche l’acquisizione della planimetria della casa in cui la donna sostiene di essere stata violentata: un appartamento di cinquanta metri quadrati, troppo piccolo perché nessuna delle due persone presenti in casa potessero non sentire o non accorgersi di uno stupro in corso nelle modalità violente in cui la donna lo ha descritto. Ma il pm la pensa diversamente e va avanti per la sua strada, chiedendo una condanna a sei anni carcere per violenza sessuale. La tesi difensiva convince invece il tribunale di Lucca che, ieri, ha assolto l’imprenditore “per non aver commesso il fatto”.