La Dda di Napoli chiede il rito immediato a carico di Aniello e Raffaele Cesaro, Antonio Di Guida, Oiviero Giannella, ma anche per Biagio Cante, Salvatore Polverino detto Toratto e Antonio Visconti. L’inchiesta è quella relativa allo scandalo dell’area Pip di Marano e dei collegamenti con il clan Polverino.
Gli indagati sono tutti accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione camorristica, in relazione a rapporti ritenuti sospetti con imprenditori e tecnici a loro volta indicati come legati al clan Polverino ma anche di di intestazione fittizia. Secondo il pm anticamorra Mariella Di Mauro, che sta coordinando le indagini dei Ros da circa due anni, ci sono tutti gli elementi per anadre subito a processo sneza passare per l’udienza preliminare.
I due fratelli imprenditori del parlamentare Luigi Cesaro, che è indagato in questa inchiesta, sono attualmente detenuti nel carcere di Terni. Sono stati incastrati da una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali ma anche dal racconto di una mezza dozzina di pentiti.
Secondo l’accusa : “L’approvazione del pip e la conseguente variante del prg veniva imposta da Giuseppe Polverino a Mauro Bertini, sindaco di Marano dell’epoca e sarebbe passato attraverso il filtro del presunto patto politico mafioso: la nomina, con un incarico esterno, dell’ingegner Nicola Santoro quale soggetto deputato a redigere lo studio di fattibilità del Pip, nonché a predisporre tutti gli atti necessari per l’indizione e lo svolgimento della gara, che poi veniva pilotata dai Cesaro, dal momento che il Santoro era indicato come loro uomo di fiducia e quindi dei loro soci occulti”.
Nel circa mille pagine dell’ordinanza di custodia cautelare viene rappresentato uno spaccato criminale dei rapporti tra i Cesaro, l’imprenditore Antonio Di Guida e personaggi del clan Polverino
quali Angelo Simeoli, detto bastone e lo stesso Salvatore Polverino, figlio del boss latitante Antonio, già condannato a 25 anni per 416 bis, e arrestato nel luglio scorso insieme ad un imprenditore considerato prestanome del clan, Antonio Visconti, per interposizione fittizia di beni, reato aggravato dalle finalità mafiose.